Oggi si sente un gran parlare del cosiddetto inbound marketing, termine con il quale si identificano tutte le attività di marketing che determinano un effetto grazie al quale sono i clienti a contattare l’azienda che desidera promuovere i propri prodotti e servizi.
In linea di principio, il concetto di inbound, oltre ad essere estremamente interessante per qualsiasi marketer, dovrebbe essere il punto di arrivo di qualsiasi strategia improntata allo sviluppo commerciale. È infatti il desiderata di ognuno di noi essere contattato spontaneamente dai propri clienti potenziali.
Ed è estremamente più semplice vendere a chi desidera acquistare.
Uno dei pilastri su cui si fondano tutti i concetti dell’inbound marketing prevede l’uso di quegli strumenti che possano permettere all’azienda di promuoversi facendosi trovare dai propri clienti potenziali. Questa situazione dà però per scontato ciò che scontato alle volte non è. Sto parlando della ricerca fatta da parte dei clienti potenziali, elemento che presuppone che essi abbiano la consapevolezza di avere un problema da risolvere.
Oggi voglio parlare di quei casi, non pochi, nei quali il prodotto o il servizio che si vende non viene assolutamente cercato dai clienti potenziali per il semplice motivo che risolve un problema che i clienti non sentono di avere. Oppure, caso analogo leggermente diverso, sanno di avere un problema per cui ritengono non ci possa essere soluzione, che quindi non cercano.
Ci sono parecchie situazioni nelle quali un’impresa si trova a dover vendere prodotti e servizi che per una serie di motivi non hanno una domanda spontanea da parte del mercato.
Tutti i prodotti e servizi innovativi, a titolo di esempio, che possono offrire nuove soluzioni a problemi presenti nel mercato, passano per questa situazione.
Una categoria ben definita nel marketing, che identifica i clienti potenziali da aggredire in situazioni del genere, è quella dei cosiddetti early adopters, utilizzatori precoci, ovvero quei clienti disposti ad adottare e testare prima degli altri una nuova soluzione proposta dal mercato.
I prodotti e servizi che puntano ad un mercato non maturo (semplicemente perché non esiste oppure è in fase di costituzione) e che quindi hanno come riferimento un mercato in fase di costituzione e sviluppo, soffrono di questo grande problema.
Cosa fare quindi quando dobbiamo vendere qualcosa il cui mercato potenziale non tanto è difficilmente identificabile quanto piuttosto è fatto di clienti che non sanno di avere l’opportunità di risolvere un problema con questa nuova soluzione oppure, peggio ancora, non sanno nemmeno di avere il problema?
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Andiamo a vedere come affrontare questa situazione.
La prima grande permessa da fare è un concetto estremamente semplice:
è assolutamente inutile voler cercare di vendere un prodotto o un servizio ad un cliente che non sente il bisogno di risolvere un proprio problema grazie a ciò che vendiamo.
Mi capita di vedere quotidianamente imprese che, attraverso i propri commerciali, cercano di vendere qualche cosa a qualcuno che non è ancora consapevole di avere un problema. E questa è un’attività assolutamente inutile, controproducente, addirittura da evitare se non si vogliono disperdere energie al vento.
Ricordiamoci che qui si parla di B2B, contesto in cui la leva principale che fa scattare l’acquisto da parte di un cliente è, nella maggioranza dei casi, la risoluzione a un problema.
L’unica cosa da fare quando i propri clienti non sono consapevoli di avere il problema e si vuole vendere loro la soluzione a questo problema, è questa: DIMOSTRARE LORO CHE HANNO IL PROBLEMA.
Tutto il materiale di marketing prodotto in questa fase deve avere una sola funzione: vendere il problema, enfatizzare il problema, innescare una reazione di paura verso il problema.
Il passaggio importante è quindi questo: il primo obiettivo da raggiungere non deve essere assolutamente quello di proporre il proprio prodotto o servizio ma quello di rendere consapevole il cliente di avere il problema.
Tutte le attività di comunicazione e tutti i materiali prodotti dell’azienda in questa fase devono essere quindi improntati a far emergere una domanda latente, a rendere consapevole ed edotto il cliente che l’unica cosa da considerare, in questo momento, è il fatto che il problema esiste a differenza di quanto il cliente potesse pensare prima di venire a contatto con i nostri strumenti di marketing.
Dopo aver lavorato per stimolare il cliente e portarlo nella fase di consapevolezza che il problema esiste anche nella sua impresa, il secondo obiettivo da raggiungere è quello di portarlo allo stadio successivo, ovvero quello per cui egli desideri agire per trovare una soluzione al suo problema.
Solo in questa fase sarà possibile iniziare a parlare della propria impresa e di come essa agisce e sia la migliore per la soluzione specifica di quel problema.
In sostanza gli stadi – obiettivi da raggiungere, affinchè si possa vendere, sono i seguenti:
- Consapevolezza del cliente di avere un problema;
- Volontà del cliente di risolvere il problema attraverso una delle soluzioni offerte dal mercato;
- Volontà del cliente a procedere con la nostra soluzione, scelta tra le altre presenti nel mercato.
Si noti l’ultimo passaggio.
La vendita della nostra azienda inizia nello step 2 ed offre il massimo della sua energia nello step 3.
Non prima. Sarebbero risorse sprecate.
Molte imprese non hanno un minimo di strategia di marketing.
Si buttano nel mercato parlando di quanto sono brave. Si decantano in pompa magna. Trascurano un solo aspetto: quanto interessa al cliente di turno di tutto ciò?
Ricorda:
inizi ad essere interessante per chi sta dall’altra parte quando parli della soluzione ad un suo problema.
Altrimenti ottieni solo l’effetto di disturbare.
Com’è messa la tua impresa da questo punto di vista?
Esiste una chiara strategia di vendita, divisa in fasi, nella quali si usano strumenti diversi e approcci dedicati?
I commerciali sono parte di questo processo oppure agiscono allo stesso modo a prescindere dalle situazioni in cui si trovano?
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