Faccio subito una premessa perché non voglio essere frainteso. Questo post non ha nulla di personale nei confronti di chi ci legge. Soprattutto perché chi segue il nostro blog ha tendenzialmente già le orecchie ben tese verso nuove opportunità e vuole saperne di più sul marketing.
Potrebbe però essere che tu, caro lettore, ti riveda anche solo in alcuni dei concetti che andrò ad esprimere di seguito. In tal caso eccoti servito qualche spunto di riflessione, condito con un pizzico di provocazione che, ahimè, contraddistingue il mio modo di comunicare.
Oggi in Italia il 75% degli imprenditori che guidano imprese con fatturato fino a cinque milioni di euro non ha minimamente idea di cosa sia e come si faccia il marketing.
Sottolineo che esser ignoranti in tema di marketing significa non conoscere un tema che però oggi dovrebbe assorbire, in termini di peso strategico, almeno un quarto dell’attenzione che un imprenditore riserva alla propria impresa.
Dico un quarto semplicemente perché ci sono altre tre aree strategiche, assieme al marketing, di altrettanto grande importanza:
1) produzione,
2) amministrazione e controllo di gestione,
3) ricerca e sviluppo.
Sottolineo inoltre che per marketing intendo marketing e vendite, ovvero tutti quei processi propedeutici a creare un sistema che generi fatturato per l’impresa.
Terminata questa piccola legenda anti-fraintendimento torno alle imprese italiane e agli imprenditori: quello che vado a denunciare non è una realtà immaginaria bensì il risultato di una raccolta di 20 anni di esperienza operativa sul campo. L’Ippogrifo ha una rete di vendita capillare che copre tutta l’Italia: ha clienti da Bolzano a Canicattì (sì, sì, proprio nella famosa Canicattì) ed entra ogni santo mese in centinaia di imprese PMI. Ecco perché ho una visione aggiornata, chiara, massiva.
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L’imprenditore dicevo, ovvero colui che dirige la nave, decide le rotte, definisce le strategie, sceglie e coordina i suoi uomini, è molto spesso un ignorante cronico in termini di marketing.
Si permette il lusso di non conoscere quello che invece dovrebbe essere il suo pane e pensa quindi che il marketing sia un optional, un’appendice, un’area dell’impresa che non fa capo alle sue responsabilità.
È incredibile! Ok, è chiaro che la mia è una visione di parte, perché faccio marketing di mestiere, ma mi lascia totalmente allibito il fatto che, ancora oggi, la stragrande maggioranza delle realtà che incrociamo siano compromesse da un grande deficit culturale. Questo è lo scoglio più alto, la grande sfida, il tema da mettere nel piatto: la grande maggioranza degli imprenditori non ha capito che continuando così la sua impresa tra dieci anni non esisterà più.
O meglio non esisterà più come è oggi. Se non chiude verrà forse ridimensionata o acquistata da altri e varrà molto meno di quello che vale oggi.
Ti elenco alcune delle situazioni che non dovrebbero esistere, ma che invece riscontriamo quotidianamente essere ancora presenti nelle PMI italiane:
- L’impresa non riserva una percentuale del fatturato come budget per il marketing.
Non ci sono risorse, non c’è un budget. Il focus è tutto sulle uscite. L’imprenditore non capisce che non avere un budget per il marketing è come avere una macchina e non avere i soldi per fare benzina.
- Se esiste un budget è semplicemente irrisorio.
Il budget deve essere SEMPRE dal 3 al 5% del fatturato. A salire. Invece no, se è previsto un budget è un’inezia. è come curare un malato cronico con l’aspirina. Il risultato non può arrivare.
- Il fatturato è tutto sul groppone di una pseudo – rete vendita di agenti.
L’imprenditore è convinto che la rete di vendita debba avere la responsabilità di produrre il fatturato. E non ha capito ancora che oggi non funziona più come dieci anni fa: se quella rete di vendita non la aiuti, non la formi, non le dai supporti di marketing e non le fornisci una direzione commerciale seria produce un quinto rispetto a una volta. E farà sempre meno.
- L’imprenditore “paga a provvigioni”.
Questa è ancora presentissima come patologia nelle PMI. L’imprenditore ha un costo zero per l’acquisizione di un nuovo cliente. In sostanza ritiene che debba essere l’agente a sobbarcarsi tutto il processo di vendita (quello marketing non esiste) e remunerare il collaboratore sul venduto (e ovviamente incassato). E non ha capito che provvigione è un termine obsoleto, quello più corretto è fee o success fee, che è certamente una componente variabile al raggiungimento del risultato, ma che è solo una parte del compenso. Sì, perché l’altra parte deve essere data come minimo, con anticipi o rimborsi spese e con le azioni di marketing a sostegno per raggiungere gli obiettivi di vendita.
- L’imprenditore impiega 3 anni per decidere, ma vuole raccogliere in tre mesi e ha delle aspettative semplicemente illogiche.
Manca totalmente la cultura dei tempi e la conoscenza della redditività dei ritorni. L’imprenditore pensa che 10.000 euro di investimento siano sufficienti per portare un ritorno di 1.000.000. Roba da panico. La leva del marketing se va oltre ad 1:10 ha funzionato alla grande. E vediamo con un esempio cosa intendo. Se investi 50K che ti portano a 500K di fatturato e se hai un margine di contribuzione sul venduto del “solo” 20% significa che hai 100K di ritorno lordo dall’investimento. Che sono un bel +100% sul capitale investito. No, non va bene, l’imprenditore se investe 50 si aspetta di raddoppiare il fatturato al primo anno (!!!).
Ma caro imprenditore, se investi in obbligazioni quanto ti torna?
Oltre ai punti di cui sopra c’è un elemento che forse viene prima di tutti quelli citati, di fondamentale importanza ma quasi sempre assente:
l’impresa, oggi, vende e cresce se sta sul mercato. “Stare sul mercato” significa avere un chiaro target di riferimento a cui l’azienda (solo quella che sa stare sul mercato) fornisce soluzioni mirate a problemi reali e lo fa in modo diverso rispetto ai suoi concorrenti.
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Ogni impresa deve avere un’identità unica e un POSIZIONAMENTO VINCENTE, fatto di elementi per i quali venga vista come realtà unica nel mercato. E deve funzionare in tutti i reparti aziendali: non devono essere eccellenti solo il marketing e le vendite, ma anche la produzione, la logistica, il controllo di gestione, la ricerca e sviluppo, ecc.
Concludendo, ti propongo un piccolo test per verificare lo stato di salute della tua impresa:
- Dedichi almeno un quarto del tuo tempo a lavorare per l’area marketing e vendite della tua impresa?
- Investi dal tre al cinque per cento del fatturato nel marketing (sempre, ogni anno, non una tantum)?
- Se intraprendi un’azione, o meglio un piano strategico di esecuzione, ti dai i tempi giusti per la raccolta?
- Se fai degli investimenti ti poni le giuste aspettative o sei come quei consumatori che vogliono pagare al ristorante venti euro a testa e chiedono il pescato del giorno?
Attenzione! Ci sta che un imprenditore non conosca molte cose relative al marketing. Ma a quel punto è importante che sia intelligente, ovvero che sia disposto a farsi aiutare e non sia presuntuoso. Il “tanto abbiamo fatto sempre così” porta solo grossi guai. Chi ragiona in quel modo, lasciatemelo dire, è spacciato. O meglio ha condannato a morte la propria impresa. Tra dieci anni (probabilmente molto meno) l’impresa non ci sarà più. E lui continuerà a dare la colpa ad altri.
E tu, da che parte del mercato stai?
Sei tra i (pochi) imprenditori illuminati che, diciamolo, in Italia esistono e sono eccellenti, perché sanno benissimo che quello che ho appena scritto è sacrosanto. Sei anche tu in quel 15% di imprese italiane che stanno andando alla grande, che crescono, sviluppano nuovi progetti, fanno business a livello internazionale e tengono alto il valore dell’Italia nel mondo?
Se ti ritrovi invece in una o più situazioni tra quelle descritte sopra: ti prego, lo dico per te, non perdere altro tempo. AGISCI ORA. La speranza c’è, non va mai abbandonata ma bisogna passare all’attacco. I problemi vanno affrontati e risolti prima che sia troppo tardi.
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